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Vegani in Tribunale

da Set 14, 2016Diritto civile, Famiglia

«La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso», cantava (e canta ancora) Francesco De Gregori in una famosa canzone del 1985. E, in effetti, se nelle aule dei Tribunali la Storia con la «S» maiuscola, per fortuna, non passa troppo spesso; tuttavia in esse è destinata a passare la storia della società e del costume, che con i suoi cambiamenti quotidiani impone agli avvocati di affrontare, e ai giudici di decidere, questioni un tempo neppure immaginabili.

E così, con sentenza del 5 luglio 2016, il Tribunale di Monza, nell’ambito di un processo di separazione tra coniugi, si è trovato ad affrontare il contrasto tra due genitori sull’alimentazione da far seguire a un bambino di otto anni. Da una parte, si schierava la madre, a quanto pare, convinta sostenitrice dell’alimentazione vegana, determinata a ottenere che questo regime alimentare fosse seguito dal figlio anche a scuola; dall’altra, il padre, che di alimentazione vegana non avrebbe proprio voluto sentir parlare, ritenendo che nuocesse allo sviluppo del minore.

In mezzo un bambino poco sviluppato rispetto alla sua età, tanto da far sospettare che qualche anomalia alimentare vi fosse.

La questione, come di regola in questi casi, è stata decisa sulla base di una consulenza tecnica affidata dal giudice a un medico esperto del settore. Consulenza che, ha riscontrato qualche carenza alimentare, ma non reali problemi di denutrizione, attribuendo lo scarso sviluppo fisico del minore prevalentemente a caratteristiche personali.

Pertanto il giudice – si badi bene in questo specifico caso – ha dato il “via libera” all’alimentazione vegana, imponendo, però, l’introduzione nel regime alimentare del minore di una serie di integrazioni e cautele non adottate in precedenza (per esempio, il consumo di latte e derivati, che un’autentico stile di vita vegan per definizione non prevede) e stabilendo, inoltre, che il bambino sia sottoposto a controlli periodici della crescita in ambiente ospedaliero.

Insomma, le scelte alimentari di minoranza non sono da escludersi a prescindere, ma quando si tratta di minori occorre sempre procedere con molta cautela e giudizio, ricordandosi che, secondo il diritto, l’interesse del minore prevale su tutto, comprese le legittime aspirazioni e scelte educative dei genitori.

 

Avv. Giuseppe Auletta