A sette anni dall’introduzione dei primi obblighi di deposito di atti processuali in formato elettronico, il processo civile telematico (in parole povere, la gestione informatizzata del processo civile) è ancora incompleto, e, quindi, zoppica. Tutto ciò, malgrado il vero e proprio balzo in avanti tecnologico imposto all’Italia dalla pandemia Covid-19, e nonostante le mirabolanti promesse di riforma del sistema Giustizia che ogni Ministro sottopone a cittadini e operatori del settore.
A mettere il dito nella piaga, sottolineando, forse suo malgrado, le carenze del sistema, è la sentenza n°328 del Giudice di Pace di Ferrara, pubblicata il 18 giugno 2021.
Il caso è quello, assai frequente, di un automobilista sanzionato per eccesso di velocità rilevato mediante autovelox, il quale, dopo aver impugnato inutilmente la sanzione presso la Prefettura competente, si era rivolto al Giudice di Pace per ottenerne l’annullamento sulla base di una serie di contestazioni.
Ciò che interessa ai nostri fini è che la Prefettura si era opposta alle richieste dell’automobilista, costituendosi nel processo tramite atto processuale e documenti inviati al Giudice tramite PEC, anziché depositati in formato cartaceo, secondo l’usanza corrente. Ebbene, il Giudice di Pace, in persona del dott. Folghera, ha fatto notare che, in assenza della necessaria infrastruttura informatica, dichiarata idonea per il singolo ufficio giudiziario dal responsabile dei servizi informatici del Ministero della Giustizia, il deposito via PEC deve ritenersi inammissibile. Ai fini processuali, i documenti prodotti dalla Prefettura devono, quindi, considerarsi come non depositati, il che ha determinato l’accoglimento delle richieste dell’automobilista, che ha visto annullare dal Giudice la sanzione ricevuta.
La sentenza, al di là dei dettagli del caso concreto, ci svela il volto di una Giustizia “a due velocità”. Da una parte, i Tribunali e le Corti d’Appello, in cui il processo telematico è realtà ormai da anni, nonché la Cassazione, nel quale il sistema è stato attivato di recente; dall’altra parte, gli uffici del Giudice di Pace, sedi della “Giustizia povera”, in cui ancora oggi si fa quasi tutto con carta, penna, timbri e ceralacche, non molto diversamente da quanto accadeva nel secolo scorso. Tale situazione, non solo rende più complesso l’accesso alla Giustizia da parte degli utenti, ma crea gravi problemi di coordinamento in tutti i casi in cui una sentenza del Giudice di Pace venga appellata dinnanzi al Tribunale.
Viene da chiedersi, quindi, se, prima di lanciarsi in nuove promesse di riforma, non sarebbe il caso di adempiere, finalmente, a un compito minimo, ma importante: quello di traghettare tutti gli uffici giudiziari nel secolo presente.
Avv. Giuseppe Auletta