In queste righe voglio provare a condividere qualche breve riflessione riguardo a un còmpito essenziale, e a mio avviso, affascinante del lavoro dell’avvocato: quello di contribuire, con lo studio attento e l’argomentazione rigorosa, a definire meglio concetti giudici controversi.
A questo scopo adotterò come esempio una questione di diritto condominiale recentemente trattata dal mio Studio, e conclusa con sentenza definitiva del Tribunale di Catania.
Dario (nome di fantasia) era, ed è ancora oggi, proprietario di un appartamento posto all’ultimo piano di un edificio condominiale e della soprastante terrazza. Su tale terrazza, seguendo le procedure amministrative previste dalla legge, aveva realizzato una piccola veranda adibita a deposito.
Tale iniziativa non aveva fatto sorgere alcuna contestazione da parte del Condominio.
Tuttavia, due condòmini, Giovanna e Salvatore (nomi di fantasia) si erano rivolti al Tribunale di Catania, sostenendo che la veranda alterasse il decoro architettonico e che comunque violasse il divieto di sopraelevazione dell’edificio posto molti anni prima dal costruttore del palazzo condominiale.
A conclusione del processo, la richiesta di Giovanna e Salvatore, che avrebbero voluto l’abbattimento della veranda a spese di Dario, sono state totalmente respinte, lasciando Dario libero di utilizzare il suo locale. Ciò soprattutto sulla base di due considerazioni.
In primo luogo, il Tribunale etneo ha accolto la tesi di questo Studio, secondo la quale, premesso che la veranda era costruita in modo tale da inserirsi bene nelle linee architettoniche preesistenti dell’edificio, in ogni caso l’eventuale lesione del decoro architettonico va valutata a partire dalla vista del palazzo condominiale che si può avere dalla strada pubblica. Per cui, se una modifica dell’edificio è visibile solo dal cortile interno o dalle stradelle condominiali, essa non può incidere sul decoro stesso.
In secondo luogo, il Giudice catanese, anche sulla base di un’attenta lettura degli atti d’acquisto proposta da chi scrive, ha ritenuto che il divieto di sopraelevazione stabilito dal costruttore non riguardasse quei locali che, come nel caso concreto, pur elevandosi sulla terrazza, rimanessero comunque al di sotto del punto più alto dell’edificio.
Come si vede, quindi, la sentenza di cui si tratta, aderendo alle tesi di questo Studio, ha contribuito a definire meglio due concetti spesso oggetto di dibattito, non solo tra condòmini, ma anche tra gli operatori del diritto; il concetto di decoro architettonico e quello di sopraelevazione.
Naturalmente la sentenza in questione è il frutto anche di una serie di fattori propri del caso concreto, per cui, se ci si trovasse in situazioni simili, il consiglio è sempre quello di rivolgersi a un avvocato esperto della materia, senza limitarsi alle informazioni disponibili su internet; ma questo nulla toglie al piacere di aver dato un piccolo contributo al chiarimento di alcune nozioni giuridiche e, allo stesso tempo, di aver salvato un bene (la veranda), non solo pienamente regolare, ma anche molto utile al privato, che non recava nessuna effettiva lesione agli interessi degli altri condòmini.
Avv. Giuseppe Auletta