Con una recentissima sentenza (la n. 11717 del 5 maggio 2021) la Cassazione ha contribuito a chiarire uno dei punti oscuri della disciplina dell’amministratore condominiale.
Il caso era quello di un Condominio la cui assemblea si era rivelata incapace o inerte nella nomina dell’amministratore, cosicché alla nomina aveva provveduto il Tribunale di Messina. Tuttavia, dopo pochi mesi dall’inizio del suo incarico, l’amministratore di nomina giudiziaria era stato revocato dall’assemblea e sostituito da un nuovo amministratore eletto dall’assemblea medesima.
Ebbene, l’amministratore giudiziario, forse infastidito da una revoca avvenuta dopo così poco tempo, pretendeva che gli venisse risarcito il danno da mancata percezione del compenso che sarebbe maturato dalla data della revoca fino alla scadenza naturale del suo incarico.
La questione, dapprima decisa dal Tribunale di Messina e poi dalla Corte d’Appello della stessa città, è stata, infine, portata all’attenzione della Cassazione. Così la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che, in caso di revoca anticipata e ingiustificata, solo l’amministratore di nomina assembleare avrebbe diritto al risarcimento del danno per i suoi mancati guadagni; mentre all’amministratore di nomina giudiziaria spetterebbero solo i compensi per il periodo in cui ha effettivamente svolto il suo ruolo.
La decisione in questione sembra avere lo scopo di favorire il più possibile l’elezione, da parte dell’assemblea, di un amministratore di fiducia dei condòmini, risultando la nomina giudiziaria dell’amministratore una soluzione estrema e temporanea, destinata a dotare il Condominio di un rappresentante, nel caso in cui il diffuso disinteresse o i “veti incrociati” tra condòmini rendano impossibile nominare un amministratore nelle forme ordinarie.
Avv. Giuseppe Auletta