In cantiere cambiamenti sui voucher per contrastare il lavoro nero
Novità in vista in materia di lavoro. Infatti il 10 giugno scorso il governo ha approvato una bozza di decreto legislativo che dovrebbe correggere alcune norme del cosiddetto Jobs Act, soprattutto in materia di lavoro accessorio (gli ormai famosi voucher, buoni dell’INPS).
La bozza è attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari competenti per il prescritto parere.
La situazione su cui si interviene è nota. Ormai dal lontano 2004, la legge consente ai datori di lavoro di retribuire i lavoratori tramite il rilascio di buoni (o voucher) dell’INPS, preventivamente acquistati nelle rivendite autorizzate (tabaccherie, soprattutto).
Il buono ricomprende in sé una quota di retribuzione (che il lavoratore potrà incassare presentando il documento presso i “soliti” tabaccai) e un’altra quota suddivisa tra contributi previdenziali (INPS) e assicurazione obbligatoria contro gli infortuni (INAIL).
Anche lo scopo dell’introduzione di questa tipologia di lavoro è noto ed evidente. I voucher sono, infatti, un mezzo semplice per “mettere in regola” prestazioni occasionali, o comunque di modico valore, che prima venivano fornite quasi sempre in nero, più per evitare complicazioni burocratiche che per un’autentica voglia di evadere i contributi.
Va detto anche che, in buona parte, lo scopo sembra essere stato raggiunto, considerato che – statistiche alla mano – un ampio uso dei buoni INPS si registra proprio in settori come l’organizzazione di manifestazioni sportive od artistiche (che per natura hanno carattere di occasionalità) o nei piccoli lavori domestici.
Accanto, però, all’uso “virtuoso” dei buoni, ne è emerso uno fraudolento, per cui i datori di lavoro, comprato il buono, lo lasciano in un cassetto per usarlo solo in caso di controlli, mentre per il resto rimane indisturbata la piaga del lavoro nero.
Ecco allora che si corre ai ripari, progettando di imporre un obbligo di comunicare (per e-mail o sms) l’uso del buono almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, precisando i dati anagrafici del lavoratore o il suo codice fiscale, ma anche il luogo e il tempo della prestazione. La violazione dell’obbligo sarebbe sanzionata da una sanzione da un minimo di 400 a un massimo di 2.400 euro.
Resta da chiedersi, però, perché si voglia imporre l’obbligo solo a imprenditori e professionisti, quasi che i datori di lavoro non imprenditori (per esempio la classica famiglia che chiama una colf due ore a settimana per fare un po’ di pulizie) non potessero mandare un banale sms…
Inoltre, vien da domandarsi se questa modifica basterà. La futura norma, infatti, non prevede espressamente un obbligo di usare il buono una volta fatta la comunicazione; per cui c’è sempre il rischio che, a comunicazione fatta, si finga di “cambiare idea” e il buono resti a giacere in un cassetto in attesa del prossimo controllo.
In conclusione, i buoni INPS hanno degli indubbi vantaggi, ma forse andrebbero regolati con più attenzione.
Avv. Giuseppe Auletta